Nella vita di tutti arrivano quei momenti dove quello strato di scontatezza che copre
tutto si dirada e qualcosa può emergere, ancor più frequentemente accade proprio in gravidanza, nel parto e
soprattutto nel dopo parto.
tralasciando l'importanza delle sfumature, perdendone il valore e negando quelle nuove parti che proprio in questi magici periodi di trasformazione non possono fare a meno di venire a galla.
Nella società dell'apparire non sono previste titubanze o difficoltà ad accettare il nuovo status di madre e quando le incertezze trapelano occorre scuotersi e reagire. Quando una donna, oltre
ad essere figlia, diventa anche madre, inizia a percepire diversamente
l’immagine dei propri genitori, soprattutto quella materna.
Le emozioni provate in attesa e nel dopo parto sono tutt’altro da ciò che ci viene proposto dalle riviste patinate e dalle tante pubblicità di inutili articoli per il nuovo arrivato.
Non veniamo educati al "sentire", all'ascolto e così rischiamo di arrivare impreparate, e quando emergono sensazioni diverse son disagi, non riusciamo ad ascoltare come le repentine
modificazioni del corpo si associno ad ancora più per forti emozioni, suscitate ed amplificate dall'incapacità di stare nell'intensità della sacralità che la vita ci porta, è così che: paura, fatica,
senso di colpa, inadeguatezza, impotenza, rabbia iniziano a montare dentro, fuoriuscendo come il soffio della valvola di sicurezza della pentola a pressione con frasi del tipo: “non so se ce la farò” oppure “non ce la faccio", "sono
depressa”.... in realtà spesso, semplicemente non siamo preparati alla intensità
della nascita e così perdiamo un'occasione di
crescita, restiamo in balia degli eventi e possiamo uscirne grazie alla presenza accudente di amici e parenti, quando veniamo prese in carico e sostenute nelle nostre nuove esigenze di neo-mamma, poichè in realtà, insieme al figlio nasce anche una madre (che ha
necessità nuove tanto quanto il bambino in grembo e\o appena nato), ed un padre.
Diventa così fondamentale dare spazio all'espressione di tutte quelle sensazioni che attraverso l'allentamento dei ritmi quotidiani e l'inserimento dell'ascolto, all'interno di appositi spazi meditativi permettono di lasciar emergere. Senza mai dimenticare che non si è mai "sbagliate" o tanto meno “cattive madri" se ci si sente
fuori tono, inadeguate, impotenti, esauste, arrabbiate, aggressive, in
colpa, e\o distrutte. Purtroppo la sempre maggiore attenzione alle istruzioni pratiche e all'acquisizione delle più svariate "tecniche" (dalla respirazione in travaglio, all'addormentamento del bebè) hanno coinciso con la messa all'angolo della cura della dimensione introspettiva, relazionale ed emotiva; unica e reale ancora o boa di salvataggio per le tempeste della vita.
Il parto è proprio uno di quei momenti in cui devi aver trovato un centro, in cui affidarsi e stare ferma, aspettando che il maremoto cessi.... ed è così che questo evento ci rafforza e ci prepara ai successivi: dalla
costruzione del legame con il figlio, al saper affrontare le varie difficoltà
che arriveranno, riuscendo così a vivere le tante emozioni che possono così essere sperimentate e non negate, potendole affrontare in una maniera efficace, senza abdicare o delegare.
Il parto è
una vera e propria porta che conduce ad una inevitabile separazione dell’unità corporea madre-feto, a volte
quest’interruzione può anche risvegliare emozioni collegate ad altre
separazioni o traumi del proprio vissuto (perdite, lutti, etc). Possono così manifestarsi eventuali nodi non risolti fino a quel momento, che trovano
un’occasione speciale per poter essere affrontati e, finalmente sciolti,
oppure possono diventare fonte di ulteriori disagi sia per la donna, che per la coppia.
Diventa così sempre più importante prevedere, tanto in
gravidanza come nel post-parto, spazi protetti, meditativi e di confronto in cui
elaborare i vissuti complessi e spesso dolorosi che la maternità può
talvolta attivare, riprendendoci il diritto di sentirci inadeguate
senza vergognarcene. Pretendere questo tipo di spazio e supporto non significa essere incapaci o fallite ma semplicemente chiedere per se, per il proprio figlio e la nuova triade familiare maggior pienezza, serenità ed autenticità.
Io tutto questo l'ho sentito accantonando lo yoga delle tecniche, dopo aver incontrato Beatrice Benfenati e lo yoga dell'ascolto, nei libri di Leboyer e Michel Odent, ed approfondendo l'aspetto e la cura della relazione con la scuola di Gestalt counselor e quella di formazione ad Asia.
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